“Ho sempre sentito di appartenere a un mondo lontano da certe situazioni aberranti. Io ero «normale», e nel mondo «normale» certe cose non accadono. Non è così. Nessuno di noi è immune…”
Sono le parole di Gino, il papà di Giulia Cecchettin, pronunciate in una recente intervista.1
Sono parole provocate dal profondo dolore di un padre per la tragica perdita della figlia.
“Certe cose? A me non accadono“
Non so quali siano le parole usate dai genitori di Filippo Turetta, il giovane che ha tolto la vita a Giulia, per provare a spiegare, a darsi una ragione, solo una, per quanto commesso dal figlio.
Provo ad immaginare.
Forse, anche loro, leggendo o sentendo fatti di cronaca che hanno coinvolto i figli di altri genitori, avranno pensato: “Queste cose a noi non accadono. Non possono accadere”.
Il punto è: tutti noi ci riteniamo immuni, al riparo, al sicuro. Ci difendiamo dall’idea che possa accadere anche a noi.
Ecco, se vogliamo iniziare a tracciare il profilo del genitore consapevole possiamo affermare che è un genitore che non dice a se stesso: “A me questa cosa non può accadere”.
È un pensiero comune, quasi un meccanismo di difesa. Sentiamo parlare di drammi familiari, di ragazzi che manifestano disagio in modi estremi, di storie che finiscono sui giornali, e ci ripetiamo che a noi non potrebbe mai capitare.
Lo credeva anche Gino. Credeva di essere un genitore normale, in un contesto normale, dove certe cose non accadono.
Ma la realtà è diversa. Nessuno è immune.
L’illusione della sicurezza
Non dobbiamo considerare solo la tragedia ma anche i fatti di minore entità, quelli che oggi sono definiti manifestazioni di disagio dei figli, adolescenti o giovani che siano.
Allontanando l’idea che qualcosa possa accadere anche a noi, coinvolgere i nostri figli, la nostra famiglia, possiamo trascurare i segnali deboli che i figli emettono attraverso le parole, i silenzi, i comportamenti.
Parole, silenzi, comportamenti che sono la loro dichiarazione di difficoltà, problemi, disagio crescente.
Dichiarazione reiterata che diventa domanda.
Domanda a cui non diamo o non sappiamo dare risposta. Ma il disagio non nasce all’improvviso. L’esplosione del disagio ci sembra improvvisa ma è il risultato di un lento percorso di sofferenza.
Si insinua, cresce silenziosamente, si manifesta in segnali che troppo spesso vengono ignorati.
Piccoli cambiamenti nel comportamento, parole trattenute, silenzi carichi di significato.
E noi, li sappiamo riconoscere?
Genitori consapevoli: ascoltare e osservare
Un genitore consapevole non è quello che vive nella paura, ma quello che si mantiene attento.
Essere consapevoli significa non sottovalutare i segnali deboli che i figli inviano.
Le difficoltà adolescenziali non si manifestano solo nei grandi drammi.
Il disagio può presentarsi in molte forme:
- Chiusura improvvisa e isolamento
- Rabbia ingiustificata o scoppi emotivi
- Cambiamenti nell’alimentazione o nel sonno
- Uso eccessivo della tecnologia per sfuggire alla realtà
- Difficoltà scolastiche improvvise.
Questi segnali non significano necessariamente che ci sia un problema grave, ma meritano attenzione.
Ignorarli equivale a lasciare i figli soli con il loro disagio.
La responsabilità di non voltarsi dall’altra parte
Ogni genitore vorrebbe proteggere i propri figli da ogni difficoltà.
Ma la vera protezione non sta nel pensare che certe cose non accadranno mai a noi.
Sta nel restare presenti, nell’ascoltare, nel fare domande senza paura delle risposte.
Forse la differenza tra un dramma evitato e uno che diventa cronaca sta proprio qui: nella capacità di accorgersi per tempo, di intervenire quando ancora si può.
Domanda finale: siamo davvero sicuri che a noi certe cose non possano accadere?
Giulia è anche nostra figlia. E pure Filippo è nostro figlio.
Grazie, papà Gino.
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- https://nove.tv/programmi-nove/che-tempo-che-fa, puntata del 10/11/24.